Riccardo Pedrini è chitarrista e poi bassita, è un punk e poi skinhead, è un romanziere e poi saggista. Riccardo ha descritto, con dialettica fine, diretta e mai banale,
Riccardo affronta una narrazione del suo vissuto, dei trascorsi
in giro con i Nabat, delle occupazioni, delle rivendicazioni sociali, delle
birre e delle risse, dei concerti e di quello che da li in avanti si sarebbe
definito “scena”.
Anarchismo, Pacifismo, Autogestione:
3 colonne, 3 concetti, 3 bandiere su cui fondare l’esistenza,
per cui battersi, per cui sognare.
La “scena” contro-culturale che diveniva quotidiano, gli
anni dei diverbi politici, delle scimmie, degli scazzi, degli schieramenti,
delle rivoluzioni tentate, sbagliate o solo sognate.
Ordigni è un viaggio in tutto questo, è un saggio
contro-culturale dove personaggi, città, gruppi musicali, luoghi, concerti
diventano ingredienti narrativi, parole concatenate sino a diventare concetti,
spunti di riflessione, testimonianze.
Non un opera didascalica ma un trattato di storia “altra”, un
romanzo working class, un saggio di antropologia culturale.
In questo percorso è l’immaginario che la fa da padrone, è l’emotività,
i sogni, le vibrazioni che segnano la strada e fanno rivivere quella linea
storica rappresentata cronologicamente dal concerto dei Clash all’isola nel
Kantiere. Un percorso che ebbe inizio scimmiottando il punk d’Albione e finì
con la creazione di un mondo diverso e alternativo allo status quo.
“Ordigni” è un libro importante non per quello che racconta
ma per come lo racconta, in modo non passionale ma ancestrale, vibrante,
viscerale.
“Ordigni” non è un testo consigliato è un testo necessario
per chi, come me, è affascinato da quel pugno di anni dello scorso secolo dove
si è provato a cercare la strada giusta per prendere a calci in culo un mondo
ingiusto.
(MIG)
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