Il doppio sparo dei Kina
A cura di G.Capra e S.Giacobone
E’ una storia biforcuta. Una narrazione assolutamente
convincente che vive di due momenti socio-temporali diversi. Da una parte le
gesta dei Kina, i punx Aostani, narrate da Giampiero e fatte di suoni, scazzi,
chitarre, centri sociali, concerti e viaggi, soprattutto viaggi da Aosta verso
il mondo.
Dall’altra parte, con un gap temporale di circa venti anni,
il racconto di Stephania, anche lei con il suo viaggio da Aosta verso il mondo,
ed anche lei accompagnata dai suoni e dai testi dei Kina.
Quello che colpisce, in questa narrazione a due facce, è la
freschezza, è la forza dei bisogni, delle urgenze di due generazioni diverse,
lontane nel tempo, ma accomunate dalla solita voglia di ricercare un modo “altro”
di vivere la propria esistenza. Il Punk, e la scena dei punx anarchici anni ’80,
è il filo conduttore che diventa pretesto, nella narrazione di Giampiero. Il
punk serve, ed è quasi una bestemmia affermarlo, ad ordinare il percorso
narrativo, a dare una linea definita ad aneddoti, paesaggi, personaggi che
appaiono e scompaiono in maniera leggera ma mai banale fornendo una fotografia
chiara e precisa di cosa è significato “essere punk” in Italia alla fine del
secolo scorso. Questa linea interpretativa è però solo una metà del malloppo, l’altra
parte è fatta di provincia, di montagne, di silenzi, di noia che diventano
spinta centrifuga verso tutto ciò che sta al di là, in un viaggio di scoperta,
passando da Torino, Amsterdam, Berlino e cosi via, alla ricerca di quello che
cerchiamo (quasi) tutti: la felicità ad un buon prezzo.
E così, ecco la storia dei Kina, fatta dall’emozione
incasinata degli esordi, dallo sbattimento per la pubblicazione dei vinili, dai
viaggi sul Blu Bus per mezza Europa andando per concerti, dalle urgenze
economiche che mal si sposavano con i punk puri e duri, dagli scazzi personali,
dagli abbandoni, dalla piccola/grande notorietà raggiunta… fino ad arrivare al
giorno del rompete le righe, dell’ultimo concerto, della (seppur gloriosa)
fine.
Inutile negare la malinconia che serpeggia tra le parole di
Giampiero, ma è una malinconia velata che non diventa mai sconfitta e che, al
contrario, riprende vita ogni qualvolta il volante passa di mano ed arriva a
Stephanie che riesce, anche lei in modo leggero, ed incrociando con le proprie
vicende personali e familiari a rendere vivo ed attuale il messaggio che i Kina
hanno rappresentato per lei, quello della strada alternativa, del riscatto,
della scoperta, del viaggio come simbolo di
crescita… sempre partendo da Aosta e spiegando le vele verso il mondo.
“Questi anni stan correndo via, come macchine impazzite
Ti volti e sono già lontani
Ti chiedi cosa è successo … “
Commenti
Posta un commento