ISOLA NEL KANTIERE appunti storici di uno spazio liberato




Questo spazio liberato nel cuore dell’opulenta Bologna durò solo tre anni (1988-1991) ma rappresentò e testimoniò la nascita di un modo nuovo di “vivere” l’occupazione.
Legato agli ambienti del D.A.M.S. e dei Comitati per il diritto alla casa divenne da subito un luogo di aggregazione più che un luogo di rivendicazione politica. Inizialmente “mal visto” da quel che rimaneva del “movimento” punk Italiano perché eccessivamente “pulito” e “modaiolo” si costruì col tempo una dignità con azioni per e dentro la città sino alla tre giorni del 1991 (“INK3D”) dove come racconta DeeMo :
"Lì dentro è successo un po’ di tutto; c’era una moltitudine di gente incredibile che defluiva attraverso quegli spazi, in quei giorni, e quello che proponevamo andava dai concerti ai set con i giradischi, al rap... A un certo punto tutta questa massa di persone e di attività si è riversata in un corteo in via Indipendenza, e lì è stata la prima volta che vedevo un sound system in un corteo. L’idea era portare all’esterno quello che era il mondo dell’Isola, e farlo diventare la nostra maniera di manifestare. Da lì, per noi, nasce l’idea di avere un impianto in movimento, la musica, i carri… Da vedere dall’esterno per la prima volta sarà stato incredibile, un po’ scioccante immagino. “
L’Isola nel Kantiere ed il suo giro variegato e variopinto ebbero il grosso merito di ospitare (i primi insieme alle nascenti crew romane) i primi vagiti del rap Italiano e di autofinanziarsi l’uscita di “Stop al panico”, un vinile che segnò un solco indelebile nella storia della musica antagonista e della controcultura in Italia.
Scrive Arrigo sul suo blog “La Frontera” (arrigoxxx.wordpress.com) :
“A guardare con distacco le serate dell?isola il primo paragone che mi poteva venire alla mente era quello del Bar di Guerre Stellari, dove si incontravano mutanti, extraterrestri e freak di ogni tipo e provenienza, mischiandosi con naturalezza ma non con indifferenza, lasciando che dalle rispettive energie sprizzino scintille incandescenti ad incendiare animi già surriscaldati.
All’ingresso potevi trovare capannelli composti da un energumeno con la maschera da hockey perennemente calata, microscopiche squatter bandanate, un punk con un piccione morto attaccato alla schiena del chiodo insieme a scheletrici redneck baffuti, era solo l’aspetto folkloristico, divertente e liberatorio, ma l’aria che si respirava all’interno sapeva di autentica rivoluzione.
Rivoluzione individuale, l’unica riservata alla mia generazione.
|Mig|







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