Flavio Frezza : ITALIA SKINS (Hellnation libri - 2017)




Appunti e testimonianze sulla scena skinhead, dalla metà degli anni ’80 al nuovo millennio

Vorrei iniziare da ciò che mi è mancato leggendo “Italia Skins”, ovvero la musica. Non quella suonata, abbondantemente e storicamente trattata con dovizia di particolari nella prima parte del testo, ma di quella ascoltata. Mi sarebbe piaciuto infatti, visto l’enorme bagaglio musicale di cui la cultura skin dispone, una panoramica storica anche in questo senso, attingendo dai capolavori della musica black ’60 e dintorni caratterizzante il culto skinhead.

Altro elemento che ho trovato deficitario, ma è sinceramente l’ultimo, sono le molte parole, frasi, pagine, secondo me ripetitive, impiegate per spiegare la non attinenza e consequenzialità tra skinheads e neonazismo. La seconda parte del libro infatti è infarcita da dichiarazioni, documenti e prese di posizione tutte su questo argomento, quasi ci fosse una sorta di ossessione da parte dell’autore nel voler riportare il culto alla purezza delle origini e liquidando, forse anche un po’ semplicisticamente, l’infiltrazione che la destra radicale ottenne all’interno del movimento dalla metà degli anni ’80 in avanti. Tutti i documenti riconducibili alle esperienze “SHARP” e “RASH” vanno infatti in questa direzione e, almeno per i gusti di chi scrive, cadono spesso nel ripetitivo.

Detto quanto sopra il libro mi è piaciuto, è scritto con cuore ed emozione ma anche con una bella esposizione dialettica e con molte fonti documentate e pertinenti alla ricostruzione del percorso storico del movimento skin dagli anni ottanta agli albori del nuovo millennio.
Soprattutto la prima parte è interessantissima da questo punto di vista con l’analisi delle vicende, dei personaggi, delle bands che accompagnarono il culto durante gli anni ottanta. Ska, punk, hardcore ed Oi! contestualizzati e localizzati all’interno della penisola per una mappatura veramente appagante e ricca di aneddoti curiosamente gustosi.

La sorpresa più interessante di “Italia Skins” arriva però dalle interviste che Flavio Frezza ha fatto, in giro per tutto lo stivale, a rappresentanti più o meno “famosi” e più o meno “autorevoli”  della sottocultura skinhead italiana.
Qui la lettura si è fatta spassosa ed i toni ed i ritmi del discorso sono variati e resi molto confidenziali dai personaggi intervistati. Ecco infatti affrontare tematiche specifiche della sottocultura skins come lo stile dell’abbigliamento, la musica, lo stadio, il rapporto con la politica, l’identificazione o meno con il culto originale del ’69. Ma ciò che mi ha colpito maggiormente da questo insieme di chiacchierate tra amici e fratelli è stato l’aver affrontato la tematica della sottocultura come aspetto o meno dell’universo adolescenziale prima e giovanile poi, il chiedere ed il chiedersi cosa voleva dire essere skinhead a 20 anni e che cosa rappresenta il culto oggi. Naturalmente i punti di vista sono disparati e tutti condivisibili ma la tanta carne al fuoco non stanca ed, anzi, la voglia di aneddoti, storie e punti di vista cresce di pagina in pagina.
Concludo nell’auspicare la lettura di questo testo sia a chi conosce, o appartiene, al movimento skinhead ma anche, o forse soprattutto, a chi ne è lontano ed ha sempre liquidato questa sottocultura relegandola (soltanto) a fenomeno post adolescenziale per teppistelli da stadio.

|mig|

Commenti