La città è quieta... ombre parlano di Carlo Cannella (Senzapatria)




Nella costruzione di una immaginifica bibliografia working class legata al punk e dintorni, questo libro di Carlo Cannella assume una posizione di rilievo rappresentando, caso raro, il punto di vista della provincia immobile, quella distante dai grandi poli metropolitani, quella fatta di tanti sogni, pochi fatti e moltissima noia.
“La città è quieta… ombre parlano”, titolo che omaggia chiaramente il vinile dei Peggio Punx, esce autoprodotto nel 2005 e vede una prima ristampa nel 2010 per i tipi di Senzapatria.
Il testo scorre frenetico, costruito su capitoli brevi in stile autobiografico denso di aneddoti e di ritratti personalizzati. Gli (anti)eroi raccontati dal Cannella sono i compagni di viaggio, nemmeno troppo rivisitati per esigenze narrative, del quarto di secolo passato dal nostro cavalcando i palchi di mezza Italia con i Dictatrista prima, gli Stige e gli Affluente nel corso del cammino.
Lo stile narrativo è pulsante, schizzato o cadenzato, senza trama ma costruito seguendo un percorso cronologico inattaccabile e che si forgia, pagina dopo pagina, arricchendosi di fatti e misfatti propri della realtà di strada e del teatro di vita rappresentato dall’universo punk hardcore.
Un percorso quindi, sulle orme di “Costretti a sanguinare”(by Marco Philopat), dettato dal proprio vissuto, dagli sconclusionati esordi in sala prove, dalle difficoltà di incisione della propria musica, dall’acquisizione di una identità “politica”, dai tour auto-organizzati, dalla “scoperta” del Virus e del mondo delle realtà autogestite, da tutto quello che significava e significa far parte di un immaginario “altro” figlio bastardo di un non-concetto come il mondo punk!
Non sorprende “La città è quieta...” ma intriga, ti attacca con il suo scorrere incalzante e ti obbliga a condividere un percorso di vita affascinante anche se con tante ombre e tanti muri dove rimbalzare con forza.
Un libro working-class dicevo all’inizio, perché figlio di quella provincia lavoratrice e piatta di cui è impregnata la quotidianità italiana, di quel loop sociale fatto di breve adolescenza, ragazza, lavoro-casa-lavoro verso il quale Carlo si è posto concretamente in alternativa forte dell’alleanza terribile di ciò che per lui significava la musica.
La musica è, infatti, la protagonista assoluta di questo testo, molto di più che in altre narrazioni simili. La musica qui è centrale, è autoritaria nel dispiegarsi della vita del nostro, è il mezzo per cercare una strada alternativa, una risposta concreta al nulla dilagante che, passata la spensieratezza dei primi anni dell’adolescenza, attanaglia il quotidiano di ogni ragazzo della provincia italiana.
Se anche tu, età biologica a parte, sei,come chi scrive, sempre alla ricerca di quel qualcosa di “altro” per dare un senso al quadretto che ci hanno confezionato tutto attorno, allora sarai l’ennesimo lettore di questo tassello pieno di speranza verso, se non proprio un futuro, un modo obliquo e positivo di leggere il passato.

Mig

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