Storie del conflitto giovanile dal Rinascimento ai giorni
nostri
Red Star Press 2014
Valerio Marchi: Teppa | prima edizione 1998|2014 prefazione Wu Ming 5|
Una storia, quella dei protagonisti del conflitto giovanile,
che parte dai cinquecento e arriva alle soglie del millennio con scrittura
veloce, nervosa e sintetica.
Valerio Marchi, come al solito, non usa parole roboanti ma
usa immagini, fotografie del quotidiano e ritratti a colori forti, in modo
perfetto.
Il tratto distintivo di un piccolo (nelle dimensioni)
trattato sul conflitto giovanile l’ho trovato nel suo apparire non artefatto,
scritto dall’interno con assenza di giudizio critico o morale sugli accadimenti
che si susseguono. Un testo snello che arriva all’obiettivo: dare dignità a chi
il conflitto lo ha vissuto e lo vive anche oggi.
La costruzione periodica dei “folks
devil”, l’atteggiamento repressivo e ruffiano degli apparati di potere che
trasformano, sfruttandole, delle istanze sociali in problema da dare in pasto
alla morale pubblica, magari diffondendo, ogni volta, epidemie di “moral panic”.
Che si parli di scapestrati
cinquecenteschi, di impomatati “Teddy Boys” o di giovani e spillati punks londinesi
fa poca differenza, quello che conta è l’energia giovanile che va indirizzata,
giudicata e pacificata.
Il ruolo delle istituzioni, quello
sicuramente, è aspramente criticato, insieme all’uso della comunicazione di
massa nel diffondere punti di vista senza mai cercare di capire il fenomeno. Di
questo si tratta in fondo, di deridere quelle masse di studiosi istituzionali che
con parametri da adulti e parole di adulti hanno sempre fatto finta di
risolvere problemi che, quasi totalmente, erano soltanto loro.
Mi hanno colpito dei passaggi del
testo.
In primo luogo nel farmi riflettere
di come, mutando il tessuto urbano delle città in epoca industriale, siano
mutati velocemente le abitudini, la socialità, la quotidianità di masse di
persone in modo simultaneo.
Altro passaggio significativo il
capitolo dedicato al culto Skinhead, riconosciuto dall’autore come uno scatto in
avanti a livello storico, come una presa di coscienza nuova in un determinato
ambiente giovanile, nella creazione di un soggetto (a)politico dove
riconoscersi.
Infine la sezione dedicata al punk,
investito del titolo di “ultimo movimento”. Il Punk, dove il “No future” è il
rifiuto verso un domani senza domani, verso una società che non offre
prospettive, che garantisce una nuova (o antica) divisione in ceti non più
scavalcabili, che garantisce alle nuove generazioni soltanto la certezza che
vivranno peggio di quelle che le hanno precedute.
Una storia, quella di “Teppa”, che
è comunque ancora da scrivere e sempre lo sarà.
|Mig|
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