VIRUS a cura di Marco Teatro e Giacomo Spazio

 


Goodfellas 2021


Virus: il punk è rumore 1982-1989

"Il non-estetico non è il Brutto e il Ripugnante, ma l’Insignificante e il Noioso."

(Pinot Gallizio)

Iniziare a parlare di questo libro con una citazione situazionista era il minimo dovuto. Il percorso che ci viene presentato da Teatro e Spazio è, essenzialmente, un percorso estetico, figlio di un’attitudine e di un gusto declinato chiaramente, figlio del punk, o meglio del punx, Milanese anni ottanta.

“La forza propulsiva e attrattiva del punk, oltre alla musica, è la sua dirompente negazione del bello” si legge nelle prime righe e mi permetterei di aggiungere… in un percorso estetico volto ad azzerare per costruire una bellezza “altra”.

L’estetica punk dicevamo, rafforzata dai suoi bianchi e neri, infarcita da idee e simboli, apparecchiata con la musica e la letteratura perché i punk, in fondo, il loro “bello” riuscirono a crearlo e questo nessuno potrà mai più toglierlo o dimenticarlo.

Quello proposta da “Virus” con la sua incredibile copertina “griffata” in giallo limone ed il suo maxi formato, è un viaggio alla scoperta del celebre spazio occupato (o liberato?) Milanese consistente nella pubblicazione di tutto ciò (documenti, volantini e comunicati, flyer e locandine concerti) che ha gravitato attorno a quei lidi.

Termini come antagonismo, controcultura, sottocultura, prendono vita in queste pagine. La radicalità conflittuale che diventa quotidiano, diventa la condivisione non più di sogni ma di azioni concrete e condivise, diventa un marchio di fabbrica di chi i propri sogni è riuscito, almeno per alcuni anni, a tramutarli in realtà.

“Virus” ha la capacità di avere una valenza documentaristica per tutti quelli che masticano di punk e dintorni, e per chi scrive è una colonna della propria biblioteca accanto all’altro capolavoro, da questo punto di vista, rappresentato da “TVOR storia di una Chaoszine hardcore punx” uscito oramai da qualche anno.

Tutti i documenti proposti sono presentati in ordine cronologico e questo fa si la scoperta di un’evoluzione, di una presa di coscienza a livello comunicativo ed estetico.

Sono le locandine dei concerti a farla da padrone, almeno a livello grafico, con i collage improbabili, i loghi dei gruppi e alcuni capolavori sotto forma di disegno, ma sono i testi espressi che arrivano al cuore con tutto l’impeto che la voglia di liberazione e di rottura riusciva a conferirgli.

Wretched, Indigesti, Kina, Impact, Crash Box, Rappresaglia, Negazione e decine di altri nel viaggio all’interno della golden age del punk italiano.

Un luogo, il Virus, ma anche un modo di dare vita, oltre che spazio, a concetti tanto profondi da apparire distanti come pace, anarchia e libertà. Un luogo, il Virus, da tramandare ai posteri e questo libro mi sembra che non si tiri indietro in questa apprezzabile missione.

|Mig|


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