Goodfellas 2021
Virus: il punk è rumore 1982-1989
"Il non-estetico non è il Brutto e il Ripugnante, ma
l’Insignificante e il Noioso."
(Pinot Gallizio)
Iniziare a parlare di questo libro
con una citazione situazionista era il minimo dovuto. Il percorso che ci viene presentato
da Teatro e Spazio è, essenzialmente, un percorso estetico, figlio di un’attitudine
e di un gusto declinato chiaramente, figlio del punk, o meglio del punx,
Milanese anni ottanta.
“La forza propulsiva e attrattiva
del punk, oltre alla musica, è la sua dirompente negazione del bello” si legge
nelle prime righe e mi permetterei di aggiungere… in un percorso estetico volto
ad azzerare per costruire una bellezza “altra”.
L’estetica punk dicevamo,
rafforzata dai suoi bianchi e neri, infarcita da idee e simboli, apparecchiata
con la musica e la letteratura perché i punk, in fondo, il loro “bello” riuscirono
a crearlo e questo nessuno potrà mai più toglierlo o dimenticarlo.
Quello proposta da “Virus” con la
sua incredibile copertina “griffata” in giallo limone ed il suo maxi formato, è
un viaggio alla scoperta del celebre spazio occupato (o liberato?) Milanese consistente
nella pubblicazione di tutto ciò (documenti, volantini e comunicati, flyer e
locandine concerti) che ha gravitato attorno a quei lidi.
Termini come antagonismo,
controcultura, sottocultura, prendono vita in queste pagine. La radicalità
conflittuale che diventa quotidiano, diventa la condivisione non più di sogni
ma di azioni concrete e condivise, diventa un marchio di fabbrica di chi i
propri sogni è riuscito, almeno per alcuni anni, a tramutarli in realtà.
“Virus” ha la capacità di avere una valenza documentaristica
per tutti quelli che masticano di punk e dintorni, e per chi scrive è una
colonna della propria biblioteca accanto all’altro capolavoro, da questo punto
di vista, rappresentato da “TVOR storia di una Chaoszine hardcore punx” uscito
oramai da qualche anno.
Tutti i documenti proposti sono presentati in ordine cronologico
e questo fa si la scoperta di un’evoluzione, di una presa di coscienza a
livello comunicativo ed estetico.
Sono le locandine dei concerti a farla da padrone, almeno a
livello grafico, con i collage improbabili, i loghi dei gruppi e alcuni capolavori
sotto forma di disegno, ma sono i testi espressi che arrivano al cuore con
tutto l’impeto che la voglia di liberazione e di rottura riusciva a
conferirgli.
Wretched, Indigesti, Kina, Impact, Crash Box, Rappresaglia,
Negazione e decine di altri nel viaggio all’interno della golden age del punk
italiano.
Un luogo, il Virus, ma anche un modo di dare vita, oltre che
spazio, a concetti tanto profondi da apparire distanti come pace, anarchia e
libertà. Un luogo, il Virus, da tramandare ai posteri e questo libro mi sembra
che non si tiri indietro in questa apprezzabile missione.
|Mig|
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